"La nascita e lo sviluppo del teatro d'operetta, ha coinciso
con un rinnovato gusto grafico di derivazione "art noveau".
Sul finire del secolo e all'inizio del ventesimo, venne ad assumere
grande interesse ogni forma di grafica applicata: dal manifesto
alla copertina, dalla pubblicità alla cartolina fino ad
arrivare all'impaginazione di copertine di libretti o spartiti
musicali. Ad incrementare questa nuova branca illustrativa contribuì
molto la fortuna dei brani musicali, delle canzoni e delle celebri
melodie della "belle èpoque".
Bisognava rendere lo spartito il più interessante possibile,
si decise così di puntare sull'immagine della copertina.
Doveva essere accattivante e soprattutto comunicativa, fu così
che ci troviamo oggi ad ammirare non solo dei fascinosi documenti
d'epoca, ma dei piccoli capolavori per fantasia espressiva, per
inventiva, per organizzazione grafica.
Un ruolo primario nell'illustrazione lo ebbe senz'altro le "Officine
Grafiche Ricordi", seguite dalla Casa Musicale Lombardo,
che si distingue per la particolare e pressoché unica produzione
operettistica.
Nelle copertine delle operette di Lombardo il soggetto più
ricorrente era la figura femminile quasi sempre protagonista della
storia. Osserviamo l'immagine dello spartito de "La danza
delle libellule". Un uomo in frac e ampio mantello, cappello
a cilindro e immancabile "caramella" all'occhio, sembra
invitarci alla rappresentazione. In primo piano c'è quindi
l'individuo rappresentante i tempi in cui vive, il suo stato sociale
ed il suo modo di vita. La macchia nera dell'abito si staglia
sul rosso acceso del fondo. Su entrambi si apre uno squarcio,
come una finestra bianca, dalla quale si vede, semplicemente accennato,
un volo di libellule, questo volo di libellule evoca il sogno,
ma anche l'evasione dal quotidiano, i due squarci sono la via
per arrivarci, ma in primo piano c'è sempre il quotidiano,
il senso del dovere che caratterizza questo secolo all'insegna
del progresso e dell'innovazione. Con tre soli colori, di intenso
valore espressivo, e con un unico soggetto, l'anonimo grafico
é riuscito a rendere una fra le più emblematiche
immagini dell'epoca e dell'uomo della "belle èpoque".
(recensione di Stefano Maccarini)
Per Carlo Lombardo, che aveva la rappresentanza italiana di molte
case musicali estere, lavorarono diversi grafici: il grande Dudovich
e Trombin firmano la copertina de "Il Paese dei Campanelli"
nel 1923, Mario Brogg quella di "Cin-ci-là" nel
1925, e troviamo ancora Bianchi per "Luna Park", Reni,
Violi e altri maestri. Le lastre tipografiche di tutta la produzione
Lombardo, gelosamente custodite negli scantinati della sede milanese
di Via Legnano, andarono irrimediabilmente distrutte nel 1944,
in seguito a un bombardamento aereo.
Le copertine illustravano, come già detto, il proprio tempo,
ed ecco quindi che appare una forma nuova e inusuale nel lieve
mondo dell'operetta, la figura di "Gigolette", del 1926.
"Gigolette", la cui copertina é firmata "Ramo",
sembra annunciare tempi nuovi.
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I decorativismi della tarda "belle èpoque" lasciano
infatti il posto ad una grafica dal rigore novecentista, chiusa
in una rappresentazione di forme schematiche e di vividi effetti
cromatici. La donna non é più idealizzata o sublimata,
ma anzi é qui esasperatamente raffigurata in un equivoca
realtà contemporanea.
Nel dopoguerra le copertine delle nuove operette lasciano molto
spazio ai valori cromatici annunciando l'arrivo della rivista, oppure
al vuoto, in cui i simboli hanno ormai il compito di rappresentare
una realtà povera di aspettative e senz'altro priva di ornamenti:
i segni ed i colori rappresenteranno quindi le nuove storie.
Fra un po', forse, si ritornerà alle origini del teatro e
avremo delle copertine che rappresenteranno la fusione di musica
e poesia, di parola e ritmo. |